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mercoledì, agosto 1

SOLIDALI CON GIGGS & C. MA...SE NON VI SENTITE BRITISH STE A CA VOSTA

Giggs non canta «God Save The Queen»: infuria la polemica a Londra.
Il capitano non intona l'inno, «in quanto gallese»: lo stesso hanno fatto 2 calciatrici scozzesi.

Quando è partito “God Save The Queen”, il ct della Nazionale olimpica di calcio, Stuart Pearce (quello che Paul McCartney ha definito “un idiota per non aver convocato David Beckham") e gli altri uomini del suo staff sono stati immortalati dalle telecamere a cantarlo con inglesissimo orgoglio. Ma quando le immagini si sono spostate sui calciatori in campo, ecco la sgradita sorpresa per tutti i britannici in mondovisione: il gallese Craig Bellamy e il connazionale, nonché capitano della squadra, Ryan Giggs, erano lì muti come pesci, mentre le note dell’inno risuonavano imponenti nell’Old Trafford quasi esaurito (72.176 spettatori) per il debutto contro il Senegal.

LA DELUSIONE DEI TIFOSI - Un oltraggio al patriottismo Union Jack che non è ovviamente piaciuto ai tifosi, che hanno preso d’assalto forum e social network per esprimere tutta la loro delusione, ricordando ai due giocatori «che dovrebbero essere onorati di essere alle Olimpiadi con la maglia della Gran Bretagna». E forse le reazioni avrebbero potuto anche essere più violente se non fosse stato proprio Bellamy a segnare il gol del momentaneo vantaggio Brit, guarda caso su assist di Giggs (poi comunque vanificato dal pareggio di Konate a 8 minuti dalla fine). Ma di certo la questione dell’inno cantato o meno resta sospesa, in attesa di chiarimenti del comitato olimpico britannico che, sebbene si fosse già precedentemente espresso in materia (stabilendo che tutti gli atleti dovessero imparare “God Save The Queen”, pur concedendo la facoltà ai singoli di cantarlo oppure no), viene definito "particolarmente furioso" dal “Daily Mail” , perché l’affronto dei due gallesi è il secondo in ordine di tempo.
ANCHE LE SCOZZESI NON CANTANO - Ad accendere la miccia del nazionalismo sono state infatti mercoledì sera le due calciatrici scozzesi Kim Little e Ifeoma Dieke (quest’ultima per la verità nata in Massachussetts da genitori nigeriani, ma cresciuta in Scozia e talmente legata a queste terra da rifiutare la chiamata olimpica per gli Usa) che, agli inni nazionali prima di Gran Bretagna-Nuova Zelanda, se ne sono rimaste zitte, motivando poi la decisione come «una scelta personale, visto che siamo scozzesi» (il quinto verso dell’inno, peraltro raramente cantato, recita infatti “Rebellious Scots to crush” .
MA LA FAMIGLIA ERA D'ACCORDO - Un comportamento che i dirigenti hanno però bollato come "irrispettoso" e che non è piaciuto nemmeno agli altri atleti britannici, come l’ex giavellottista Fatima Whitbread (argento alle Olimpiadi di Seul), secondo la quale «siamo davvero ridotti male se c’è chi compete sotto la bandiera britannica e non si sente orgogliosi di esserlo». Ma la famiglia della 22enne Little (che è originaria di Mintlaw, nell’Aberdeenshire) approva in pieno la scelta della ragazza, con nonno William (che vota SNP e vuole l’indipendenza della Scozia) a spiegare che lui «avrebbe fatto lo stesso, perché quello è l’inno nazionale dell’Inghilterra e mia nipote è scozzese» e papà Calvin che si dice «molto orgoglioso» della figlia, anche se non immaginava «che fosse una tale nazionalista».
CHE SUCCEDERA' LUNEDI' - E a proposito di patriottismo olimpico alla rovescia, dopo la clamorosa gaffe della bandiera nord coreana sbagliata giovedì sera c’è stato un altro incidente diplomatico quando il calciatore gallese Joe Allen è stato erroneamente definito “inglese” sul programma ufficiale della partita contro il Senegal. Scuse immediate e imbarazzo alle stelle, con il nuovo programma già corretto e stampato in fretta e furia per la sfida contro gli Emirati Arabi di lunedì, quando però gli occhi di tutti saranno sulle bocche di Bellamy e Giggs, per vedere se resteranno cucite un’altra volta.




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